Orario di lavoro

Ultimo aggiornamento 28/10/2016

DURATA DEL NORMALE ORARIO DI LAVORO

In base all'articolo 3 del Decreto Legislativo n. 66/2003 l’orario normale di lavoro è di 40 ore settimanali, ma i Contratti Collettivi di Lavoro possono prevedere questo limite come media tra periodi di maggiore e minore prestazione lavorativa, così come possono prevedere un orario fisso settimanale inferiore a 40 ore.

QUANTIFICAZIONE DELL’ ORARIO DI LAVORO

Come confermato dalla circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro, rientrano nell’orario di lavoro non solo i periodi di lavoro effettivamente prestato ma anche gli spazi di tempo nei quali il lavoratore rimane a disposizione del datore di lavoro (ad esempio un fattorino automunito quando non guida ma deve tenersi pronto ad un eventuale incarico urgente)   

MODIFICHE ALL’ORARIO DI LAVORO

Per esigente tecniche, organizzative o produttive il datore di lavoro può modificare, per i dipendenti a tempo pieno, l’orario di lavoro a suo tempo stabilito, così come può fissare orari diversi da un dipendente all’altro.

PAUSE GIORNALIERE

In base all'articolo 54 del Decreto Legislativo n. 66/2003, se l’orario di lavoro giornaliero è superiore a sei ore, al lavoratore compete una pausa di almeno 10 minuti, salvo una pausa maggiore eventualmente prevista dal Contratto Collettivo di Lavoro. Come precisato dalla circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro, i dipendenti che usano in modo sistematico o abituale per almeno 20 ore settimanali i videoterminali hanno diritto ad una pausa retribuita di 15 minuti ogni 120 minuti di lavoro continuativo, se non è prevista una pausa maggiore dal Contratto Collettivo di Lavoro. La sentenza della Corte di Cassazione n. 2679/2015 ha precisato che il tempo impiegato in attività accessorie che non prevedono l'uso di videoterminali, come ad esempio quelle amministrative di back office, sostituisce fino a concorrenza le pause obbligatorie.

LIMITE GIORNALIERO ALL’ORARIO DI LAVORO

L'articolo 7 del Decreto Legislativo n. 66/2003 non prevede un limite massimo per le ore di lavoro giornaliere, ma un riposo minimo di almeno 11 ore tra una giornata lavorativa e l’altra. Per esempio, se un dipendente lavorasse fino alle ore 23:00, non potrebbe riprendere servizio prima delle ore 10:00 del giorno successivo. 

RIPOSO SETTIMANALE

L'articolo 9 del Decreto Legislativo n. 66/2003 stabilisce che ogni 7 giorni il lavoratore ha diritto a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive che, aggiungendosi al riposo minimo di 11 ore giornaliere, costituisce in pratica una pausa settimanale di almeno 35 ore.
Il Decreto Legge n. 112/2008, all'articolo 41, ha precisato che il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni. 
In pratica, quindi, è possibile chiedere al lavoratore di prestare la sua opera ininterrottamente per un numero di giorni superiore a 7, ma comunque non oltre il 12mo giorno.

OBBLIGO DI PRESTARE LAVORO STRAORDINARIO

Quasi tutti i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro prevedono, entro il limite di un numero di ore annue, il diritto del datore di lavoro a chiedere la prestazione del dipendente a tempo pieno al di fuori dell’orario normale di lavoro. Il lavoratore può rifiutarsi di aderire alla richiesta in tal senso da parte del datore di lavoro solo in presenza di un suo comportamento arbitrario o comunque quando ricorra un giustificato motivo, come più volte ribadito dalla giurisprudenza (es. sentenza della Cassazione n. 11821/2003). Relativamente tuttavia al lavoro richiesto durante le festività, alla lettera d) della sentenza n.16592/2015, la Cassazione afferma che "...non sussiste un obbligo generale a carico dei lavoratori di effettuare la prestazione nei giorni destinati ex lege per la celebrazione di ricorrenze civili o religiose e sono nulle le clausole della contrattazione collettiva che prevedono tale obbligo, in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro". 

LIMITE SETTIMANALE AL LAVORO STRAORDINARIO

L'articolo 4 del Decreto Legislativo n. 66/2003 stabilisce che la prestazione lavorativa non può superare il limite di 48 ore settimanali, inteso come media di un quadrimestre, o come media di un eventuale periodo più lungo previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. 

LIMITE ANNUO AL LAVORO STRAORDINARIO

Come precisato dalla circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro, annualmente, a ciascun lavoratore, può essere richiesta la prestazione in ore straordinarie fino al limite di 250 ore, se non è previsto un limite diverso dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.

RISCHI PER L’INOSSERVANZA DELLA NORMATIVA

L’inosservanza dei limiti di legge per il ricorso al lavoro straordinario  espone il datore di lavoro, oltre al rischio delle sanzioni previste, alla richiesta da parte del dipendente di risarcimento del danno biologico per le lesioni alla sua integrità psicofisica, come disposto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 1307 del 2000. Ovviamente in questi casi non può essere invocato come giustificazione il consenso del dipendente alla prestazione di lavoro straordinario, come peraltro ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 11574/2014.       

QUADRI E DIRIGENTI

Come confermato dalla circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro, i limiti di orario non si applicano ai dirigenti, ai quadri e agli altri lavoratori con funzioni direttive. A costoro quindi non vanno retribuite le prestazioni eccedenti le 40 ore settimanali salvo diverse previsioni dei Contratti Collettivi di Lavoro. La sentenza della Corte di Cassazione n. 101 del 1975, nel ribadire questo concetto, ha tuttavia parlato di “ragionevolezza” nel determinare il carico di lavoro che l’imprenditore impone al personale con funzioni direttive.   Successive sentenze hanno individuato nella “prassi aziendale”, ovvero nella comparazione con gli altri dirigenti della stessa impresa il criterio per stabilire il limite del lavoro ordinario di un dipendente con funzioni direttive.

TEMPO IMPIEGATO NEL CAMBIO DI VESTIARIO

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8063/2011, ha precisato che i Contratti Collettivi di Lavoro possono prevedere che non venga retribuito il tempo impegnato nell’indossare o togliere l’abito da lavoro, quando tali operazioni possano essere eseguite nel tempo e nel luogo stabiliti dal lavoratore (anche presso la sua abitazione).
Al contrario, la retribuzione è dovuta se il tempo ed il luogo di esecuzione sono stabiliti dal datore di lavoro, come confermato dalla sentenza della stessa Corte di Cassazione del 13 aprile 2015.

TEMPO PER SPOSTAMENTO TRA VARI CANTIERI

La sentenza n. 10020/2011 della Corte di Cassazione ha stabilito che, nel caso di lavoro da svolgere in più località, la metà del tempo impiegato dal lavoratore per sostarsi da un luogo all’altro deve essere retribuita.
Questo indipendentemente dal fatto che lo spostamento avvenga tramite con vettura del lavoratore stesso o del datore di lavoro 

RIPOSO SETTIMANALE IN ALTERNATIVA ALLA DOMENICA

Rispondendo all’interpello n. 26/2011, il Ministero del Lavoro ha precisato che, se il lavoro del personale dipendente è organizzato in turni, al fine di assicurare la continuità della produzione o per lavori preparatori, complementari o con presenza obbligatoria per legge, il riposo settimanale può avvenire anche in giornata diversa dalla domenica.
Tale riposo è comunque obbligatorio dopo 7 giorni lavorati, intesi anche come media di un periodo non superiore a 14 giorni.

 

PUNTO DI RACCOLTA PER RECARSI AL LAVORO

Rispondendo all’interpello n. 13/2010 il Ministero del Lavoro ha precisato che, nel caso venga fissato dal datore di lavoro un punto di raccolta dal quale i lavoratori vengono trasportati al cantiere o ad altro posto di lavoro, il tempo che intercorre durante il tragitto tra tale punto di raccolta e il luogo ove si svolgerà l’attività lavorativa va considerato ai fini della retribuzione se da parte del datore di lavoro c’è stata una disposizione alla quale il lavoratore non si può sottrarre, mentre non va considerato e quindi non retribuito se il datore di lavoro si è limitato ad offrire una pura comodità a al lavoratore, che comunque rimane libero di recarsi sul posto di lavoro in altro modo, come ad esempio usando un mezzo proprio. 

VISITE MEDICHE AL DI FUORI DELL’ORARIO DI LAVORO

Il Ministero del Lavoro, rispondendo all’interpello n. 18/2014, ha precisato che il tempo dedicato alle visite mediche obbligatorie in materia di sicurezza, igiene e salute sul lavoro,  deve essere retribuito se  tali visite avvengono al di fuori del normale orario di lavoro.

SANZIONI PER INOSSERVANZA DELL’ORARIO DI LAVORO

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18462/2014, ha sancito che è legittimo, da parte del datore di lavoro, applicare la sanzione della sospensione senza retribuzione al lavoratore che, sistematicamente, si presenta in ritardo rispetto all’orario di lavoro.

Secondo la sentenza non occorre in questi casi neppure l’affissione del codice disciplinare, trattandosi di una violazione al cosiddetto codice etico, così come è legittimo ignorare i recuperi della prestazione al di fuori dell’orario di lavoro.

IRREVOCABILITA’ DEGLI STRAORDINARI FORFETTIZZATI

La sentenza della Corte di Cassazione n. 4/2015 ha sancito che il compenso degli straordinari, se riconosciuto in misura forfettaria, diventa parte integrante della retribuzione, per cui non può essere successivamente diminuito, o eliminato, dal datore di lavoro per il fatto che venga meno l’esigenza di ricorrere al lavoro straordinario nella misura prevista.

TRASPARENZA PER GLI STRAORDINARI FORFETTIZZATI

Con sentenza n. 8255 del 2010 la Corte di Cassazione ha sancito che, in caso di pattuizione di straordinari in misura forfettaria, il relativo importo deve essere evidenziato nel prospetto di paga, al fine di permettere il controllo della congruità di tale importo con le ore di prestazione lavorativa.

COLLOCAZIONE TEMPORALE DELL'ORARIO DI LAVORO

La circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro ha chiarito che non è più in vigore l'obbligo di comunicazione dell'orario all'Ispettorato del Lavoro che era prevista dal R.D. 1955/1923. La sentenza della  Cassazione n. 12962/2008 ha comunque sancito che, anche in caso di rapporto di lavoro a tempo pieno, il lavoratore ha diritto di conoscere con adeguato anticipo la collocazione temporale dell’orario di lavoro,  al fine di  programmare il suo tempo libero.

PERCORSO DALL’ABITAZIONE AL CLIENTE

La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza depositata in data 10/09/2015 (causa C-266/14), ha sancito che il tempo impiegato dal lavoratore per il viaggio tra il proprio domicilio e il primo cliente o, al termine della giornata lavorativa, dall’ultimo cliente al proprio domicilio, deve essere considerato all’interno dell’orario di lavoro e come tale retribuito, a nulla rilevando il fatto che in questo modo egli omette di percorrere il viaggio che abitualmente affrontano i lavoratori tra la propria abitazione e la sede fissa di lavoro.

TEMPO IMPIEGATO PER VISITE OBBLIGATORIE

Rispondendo all’interpello n. 14/2016, il Ministero del Lavoro ha chiarito che deve essere considerato come orario di lavoro prestato, e come tale retribuito, il tempo impiegato dal lavoratore per spostarsi dal luogo ove abitualmente presta la sua opera al luogo ove deve essere sottoposto alle visite mediche periodiche previste dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, così come sono a carico del datore di lavoro i relativi costi di trasporto.